L'inizio del nuovo anno mi ha regalato un libro, un libro di Daisaku Ikeda il fondatore della Soka Gakkai... il libro è una fiaba si intitola: “ I tesori di Dunhuang”. Sono stata a Dunhuang nel 1992 quando un mio amico filomaoista dirottò il nostro viaggio extraeuropeo dal Madagascar alla Cina. Decidemmo di fare così la via della seta, quella che da Kashgar giunge sino a Xian, la città dell'esercito di terracotta. Non avevo assolutamente idea di cosa fosse il buddismo,allora. Forse avevo letto qualche aforisma di Ghandi a proposito di esso ma sinceramente... nella fredda e ortogonale città di Milano in cui allora vivevo, non rientrava nei miei propositi praticarlo. E incontrai la via del Budda sulla via della seta nella lontana Cina. La fiaba racconta la storia di un bambino che sogna di finire in un altro stato della Cina a scoprire nuove realtà, per l'appunto lo Xingjan, dove si trova Dunhuang. Lui sogna di finire in pieno deserto del Gobi e di incontrarvi un vecchio che disperatamente e immancabilmente cerca di proteggere il castello della città cercando di costruirvi delle mura, solo che lo deve fare con la sabbia e la sabbia è difficile da impastare e incollare. Lui vuole proteggere il castello dal vento e dalla sabbia stessa che con la sua sottigliezza si insinua e nasconde ogni cosa. Il bambino allora lo aiuta, vuole imparare a proteggere anche lui qualcosa di prezioso e soprattutto imparare da quel vecchio saggio. Il castello conteneva dei tesori inestimabili, grotte piene di affreschi sulla vita del Budda e situazioni di beatitudine, una natura inviolata e iridescente che solo le tecniche di pittura cinese sanno rendere. Dicevo, sono stata a Dunghuang non esiste alcun castello, esiste una valle enorme in cui lungo la strada sono disposti in fila templi della fattezza delle pagode cinesi altissimi, in ognuno di essi è una luminescenza di arte, storia e sapienza. Ricordo, di essere entrata in uno di essi, il più alto per l'appunto, uno di quelli che se fosse un palazzo lo descriveresti di dieci o quindici piani, e mi sono scontrata, dopo aver accettato il buio, con l'alluce di un Budda gigantesco. Un particolare che inizialmente non mi diceva niente, continuavo a ripetere tra me e me, "... e che c'è qua dentro, niente!" poi improvvisamente una folgorazione, riconobbi l'alluce ed alzai gli occhi al cielo verso quel gigantesco Budda che sorridente ci guardava dall'alto. Le grotte invece sono a BezeliK vicino Turfan, una cittadina a 180 m. al di sotto del livello del mare, in pieno deserto sabbioso, le grotte, monastero di monaci che sceglievano la solitudine più assoluta, un tempo dovevano essere ricche di affreschi, ma ormai dopo il 1800 erano state spogliate da essi, perché un tedesco archeologo le aveva scoperte. Gli affreschi infatti si possono trovare al museo etnologico a Berlino, ho avuto il piacere di vedere anche questi. La favola però non finisce così, il bambino e il vecchio riescono a mischiare un'acqua che miracolosamente sgorga dal deserto con la sabbia, e creare dei piccoli mattoni di fango per farne un muro. Il vecchio con la sua logica riesce anche a dissuadere un condottiero del deserto che trovandosi da quelle parti e comprendendo il valore degli affreschi, vuole staccarne qualcuno e portarselo via. Gli dice che ogni scena racconta una parte della vita del Budda e che siccome sono più di 450 dovrà portarli via tutti. O tutti o nessuno. Il condottiero desiste e lascia intatto il tesoro del castello di Dunhuang. Mi sono chiesta come mai il mio nuovo anno è cominciato con questa favola, ora che mi sforzo di praticare la meditazione. E allora ho pensato alla mia amata e odiata città. Il nuovo anno è cominciato con un'altra crisi spazzatura e la città è devastata, la gente è rassegnata o inviperita, e l'atmosfera che si respira è inquinata sotto tutti i punti di vista, ambientale e non. Cerco di andare avanti e spero anche io di trovare un modo per difendere questa città esplosiva, vulcanica, fremente, un modo che sia fluente dove le ombre e le luci si accarezzano più che combattersi, ho anch'io un sogno, un sogno di pace e di dignità per la mia città.
Baci a Pasqualotto
Patrizia Esposito